Coronavirus, il nuovo allarme dell’Oms: “Disinfettare tutto è inutile e dannoso”. Ecco perché

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Quella del virus è ormai una lotta senza tregua, che non si ferma nei laboratori di ricerca ma, anzi, viaggia in parallelo tra case, persone e sulle strade cittadine. E una delle armi più utilizzate è sicuramente l’igienizzante, gel o alcol, diluiti al punto giusto. Una lotta che però rischia di prenderci la mano, a partire da quella degli amministratori che da qualche tempo spruzzano disinfettanti su strade o mercati. Pratica che può rivelarsi non solo inutile, ma dannosa per la nostra salute, come recentemente ha denunciato l’Organizzazione mondiale della sanità, dichiarando che questa azione “non è indicata per uccidere Sars-Cov-2 o altri agenti patogeni perché il disinfettante è inattivato dallo sporco e dai detriti” presenti in gran quantità su queste superfici e “non è possibile pulirle manualmente e rimuovere tutto il materiale organico”. Sempre per l’Oms, “spruzzare su superfici porose, come marciapiedi e passerelle non pavimentate, sarebbe ancora meno efficace”. Anche perché “le strade e i marciapiedi non sono considerati serbatoi di infezione per Covid-19”. Quindi, tanta fatica per nulla? La dichiarazione dell’Oms pone più di un dubbio su tutte le varie pratiche igieniche a base di ipoclorito e alcol che vengono usati sulle superfici dei luoghi chiusi pubblici o privati, negozi, palestre, case.

Ci sarebbe da fare una prima distinzione, quella tra sanificazione e disinfezione. Si fa grande confusione con questi termini, mentre “presentano sostanziali differenze”, afferma lo pneumologo Antonino Mangiacavallo (già Sottosegretario di Stato alla Sanità, è stato Presidente della Federazione italiana contro le malattie polmonari sociali). “Per sanificazione si intende l’insieme di operazioni mirate a rendere sano un ambiente, con l’eliminazione di qualsiasi agente contaminante, e a mantenere una buona qualità dell’aria”. Un’operazione effettuata con prodotti chimici che richiede attrezzature adeguate e specifiche competenze professionali. Con risultati immediati ma che non durano a lungo.

Quando si parla di disinfezione ci si riferisce invece all’intervento “che mira a distruggere o inattivare gli agenti patogeni attraverso l’utilizzo di disinfettanti, che possono essere di natura chimica o fisica. Non riesce a eliminare completamente la carica microbica ma ne riduce sensibilmente la quantità”, sottolinea Mangiacavallo.

La pulizia è d’obbligo

Dietro a questa serie di attività distinte, sfugge a volte un’altra operazione che, se non rispettata, rende inutile tutto il resto. È l’attività di pulizia. Con l’uso di acqua e/o sostanze detergenti si effettua una rimozione fisica o meccanica della sporcizia da qualsiasi superficie, strumento o ambiente. “La pulizia è da considerare una procedura indispensabile prima di procedere alla disinfezione o alla sanificazione perché se gli elementi contenuti nello ‘sporco’ non vengono rimossi potrebbero ridurne l’efficacia”, precisa l’esperto.

I prodotti: la distinzione da fare

Regna molta confusione anche quando si parla di detergenti, igienizzanti e prodotti destinati alla disinfezione, definiti comunemente disinfettanti. “Mentre per detergenti e igienizzanti non è prevista alcuna autorizzazione per l’immissione in commercio, anche se devono rispettare la normativa sui detergenti, per i disinfettanti è previsto che siano prima esaminati dall’Istituto superiore di sanità e poi autorizzati dalle competenti autorità nazionali ed europee. I prodotti disinfettanti, che hanno azione su batteri, virus e funghi riportano in scheda tecnica la destinazione d’uso in base all’efficacia riconosciuta, e se l’etichetta riporta la dicitura ‘destinato ad utilizzi professionali’”, prosegue Mangiacavallo, “devono essere usati da persone che abbiano adeguata formazione e competenza specifica”.

Che cosa contengono

Se proviamo a osservare detergenti o spray igienizzanti dal punto di vista chimico, sarebbe d’obbligo porsi alcune domande sulle possibili controindicazioni per la nostra salute. Con che cosa abbiamo a che fare in concreto? Parliamo di alcol, sali di ammonio, perossido di idrogeno o acqua ossigenata, il sodio ipoclorito – la candeggina – e altri principi attivi. “Si possono produrre effetti collaterali, come la comparsa di ipersensibilità, che può determinare irritazione, arrossamento della cute, prurito e altri sintomi”, afferma Mangiacavallo. E se da un alto dobbiamo avere particolari attenzioni su dove conservare questi prodotti – più lontani possibile dalla portata dei bambini per evitare conseguenze spiacevoli – “è consigliabile evitare di mescolare prodotti di vario tipo nella speranza di ottenere sostanze più attive ed efficaci”. Per contro, gli ormai diffusi gel per le mani a base di alcol sembrano più innocui, “perché l’alcol a contatto con l’aria tende subito a evaporare, anche se è da ricordare che il frequente e adeguato lavaggio delle mani può sostituire totalmente l’utilizzo di questi prodotti”, chiarisce l’esperto.

Candeggina a go go

L’uso di candeggina potrebbe avere effetti negativi sula salute umana”, ci ricorda Managiacavallo. Raccomandazione molto utile visto l’ampio consumo e conseguente esaurimento negli scaffali di questo prodotto. Si dovrebbe avere particolare attenzione quando l’applichiamo direttamente sulle superfici e ci strofiniamo sopra con uno straccio. Il rischio? “Si possono provocare irritazione alla pelle e agli occhi, oltre a colpire l’apparato respiratorio”. Meglio allora non versare direttamente la candeggina sulle superfici da disinfettare e utilizzare guanti e altri dispostivi di protezione personale.

Sanificare e disinfettare a regola d’arte

Esiste una serie di raccomandazioni dell’Istituto superiore di sanità emanata il 15 maggio scorso per tutelare la salute degli utilizzatori di prodotti per sanificazione e disinfezione. Chi è addetto a queste operazioni infatti, oltre a dover conoscere le caratteristiche e i rischi provenienti dai prodotti utilizzati, deve essere adeguatamente informato sull’impiego dei dispositivi di protezione individuale, come mascherine, guanti, ecc. Mentre per i cittadini comuni, ci ricorda sempre Mangiacavallo, è importante applicare alcune regole per la gestione dei rifiuti prodotti da operazioni di sanificazione e disinfezione. I rifiuti, come guanti monouso, mascherine, spugne, stracci, devono essere smaltiti nella raccolta indifferenziata, facendo attenzione a utilizzare sacchi di idoneo spessore che dovranno essere ben chiusi.

Le alternative: ozono e radiazioni ultraviolette

Ci sarebbero altre strade per affrancarsi dalla chimica, con il ricorso a sistemi meno invasivi che rispettano di più l’ambiente. Per esempio l’ozono, un gas normalmente presente nell’atmosfera, che è anche utilizzato come biocida. “Ma pur essendo riconosciuto come ottimo virucida anche a basse concentrazioni, non ci sono ancora certezze sulla sua efficacia nei confronti del Sars Cov-2. È vero che è meno impattante per l’ambiente rispetto ad altri biocidi, ma bisogna ricordare che l’ozono può provocare o alimentare incendi, determinare ustioni cutanee o lesioni oculari ed è tossico per l’ambiente acquatico”, sottolinea Mangiacavallo.

Si ricorre, in alternativa, anche agli ultravioletti. “Esistono molti studi che ne testimoniano l’efficacia battericida e virucida senza provocare tossicità sulle cellule umane. È una procedura che viene generalmente utilizzata in ospedale o in ambiente sanitario, anche se presenta un limite: la sua efficacia è notevolmente ridotta dalla presenza di polvere o sporcizia sia sulla lampada o sulle superfici da disinfettare. Per questo motivo è consigliabile attivare gli ultravioletti solo dopo avere accuratamente pulito o deterso la lampada e le superfici”, prosegue l’esperto.

E se fossero cento per cento naturali?

C'è poi un altro fronte, ampiamente da esplorare, quello dell’utilizzo di prodotti per l’igienizzazione completamente naturali. Ci sono realtà come Flora, storica azienda leader di oli essenziali estratti da piante, che nelle scorse settimane ha inviato gratuitamente a diversi istituti sanitari, strutture ospedaliere, comuni, ecc. prodotti a base di alcol e oli essenziali puri al 100%, che riducono drasticamente l’impatto chimico sull’ambiente e sulla persona. “Gli oli essenziali si ottengono per distillazione o pressatura delle droghe da piante coltivate secondo il metodo di agricoltura biologica e/o biodinamica”, ci racconta Sonia De Angelis, ceo di Flora. “La composizione aromatica attribuisce loro proprietà antivirali, antibatteriche e antifunginee rendendo i prodotti che li contengono ottimi sanificanti e igienizzanti per l’ambiente e la persona. Le loro caratteristiche naturali consentono anche una diminuzione di possibili reazioni allergiche sulla persona. Sono tutti conformi alla normativa vigente. E non contengono PEG, PPG, derivati del petrolio, parabeni, viscosizzanti, coloranti e profumi sintetici”.

Il problema di questi dispositivi sono sicuramente i costi di produzione, più elevati rispetto ai prodotti standard. “Non è facile tenere bassi i costi perché la nostra politica è quella di pagare i nostri coltivatori in base alla resa della pianta e non rispetto al costo di mercato del Paese di origine della pianta stessa. In altre parole, se in Italia la resa, per esempio, del campo di rosa impone un prezzo di 10mila € al litro e la stessa resa avviene in Turchia, noi paghiamo la stessa cifra a prescindere dall’economia del Paese (Turchia) che sicuramente è molto diversa. Privilegiamo, dove possibile, il made in Italy, però tante piante non trovano le condizioni climatiche per essere coltivate nel nostro Paese e allora dobbiamo rivolgerci alle nazioni autoctone. In più la difficoltà a competere con i costi è dovuta alla facile reperibilità delle materie prime dei prodotti di sintesi, mentre per gli ingredienti di base naturali bisogna fare i conti con i tempi di crescita delle piante, regolati dai cicli naturali, e la loro resa, che non è mai prevedibile e standard. In definitiva, siamo sottoposti a fattori climatici e ambientali non soggetti al controllo dell’uomo”, conclude De Angelis.

Non massacrate le spiagge

La sicurezza e prevenzione di eventuali contagi da coronavirus si pongono anche per le spiagge, “ma bisogna considerare, da un lato, l’eventuale efficacia di sostanze chimiche da utilizzare e, dall’altro, valutare il danno per l’ambiente che ne potrebbe derivare”, sottolinea Mangiacavallo. Un esempio classico? Quello dell’ipoclorito di sodio (la candeggina, ndr), per il quale è tutta da dimostrare la reale efficacia sulle superfici esterne, mentre è comprovato il rischio di eventuali conseguenze sulla salute umana e sull’ambiente. I raggi ultravioletti di origine solare possono svolgere un’azione disinfettante, se non completa, almeno parziale”, tiene a sottolineare Mangiacavallo. E su questo aspetto ci viene in aiuto uno studio pubblicato il 20 maggio dall’università di Oxford sul Journal of Infectious Diseases. I ricercatori hanno eseguito esperimenti ricreando artificialmente la luce e la radiazione solare di una splendida giornata di sole nel solstizio d’estate. Questa luce solare simulata è capace di inattivare in meno di sette minuti il 90% dei virus nella soluzione che imitava la saliva e in poco più di 14 minuti nei terreni di coltura.

In attesa di ulteriori conferme, una cosa sicuramente possiamo fare tutti: smaltire correttamente i rifiuti e i dispositivi di protezione, dai guanti monouso alle mascherine. Oltre a inquinare, potrebbero infettare noi e gli altri.

Articolo di Ennio Battista – Vita&Salute per Il Fatto Quotidiano

 

Fonte: Vita&Salute per il FattoQuotidiano - Data: 04 giugno 2020 - Autore: Ennio Battista

 

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